Alunni stranieri
Inserimento dei bambini/ragazzi stranieri di recente arrivo L’alunno straniero non rappresenta di per sé un “problema” per la scuola.
Data:
20 Giugno 2011
Inserimento dei bambini/ragazzi stranieri di recente arrivo
L’alunno straniero non rappresenta di per sé un “problema” per la scuola. Casomai è una sfida educativa che la scuola deve accogliere. La condizione di “non italiano” di cui è portatore l’alunno può tuttavia mettere in difficoltà gli insegnanti, suscitando interrogativi e, talvolta, facendo sorgere delle situazioni di disagio nell’ambiente scolastico. In alcuni casi si rischia di confondere e mescolare le (ovvie e superabili) difficoltà che derivano al bambino o ragazzo dall’appartenere ad una cultura diversa da quella del posto (per lingua e costumi), con problematiche di tipo socio-familiare o personale-psicologico.
- Un gruppo di problemi si ricollega al primo ingresso a scuola dei bambini e/o ragazzi di origine straniera. L’azione della scuola deve tener conto di variabili quali il modo in cui sono arrivati in Italia; lo status di immigrati “regolari” o “irregolari” dei loro genitori; la loro età, il percorso scolastico pregresso (quali documenti lo attestano, in quale classe vanno inseriti…); la necessità di predisporre un particolare supporto linguistico, ecc.
- Un secondo gruppo di questioni va ricondotto alla frequenza scolastica. Questa può essere irregolare o saltuaria, connessa alla bassa o alta considerazione di cui gode la scuola nelle diverse culture. La discontinuità può dipendere anche da fattori pratici, come la comprensione, da parte della famiglia, delle regole di funzionamento della scuola italiana. Oppure può essere condizionata dal rapporto con i paesi di origine: periodici rientri in patria possono essere causa di interruzioni nella frequenza. Infine, la necessità di aiutare in casa o di lavorare in età precoce (specie ora che l’obbligo scolastico è stato innalzato a 16 anni), può provocare scarsa affezione alla scuola o l’abbandono scolastico.
- Un terzo gruppo di problemi va ricondotto all’esperienza in classe, con i compagni, con gli insegnanti, con il sistema scuola. Difficoltà possono presentarsi durante momenti come la mensa, la ricreazione, le gite, le uscite, le feste. In queste situazioni si presentano maggiormente le differenze di tipo culturale, in materia, per es., di rappresentazioni dei ruoli maschile e femminile; rapporto con l’autorità; relazioni tra pari; prescrizioni religiose; regole e abitudini nel campo dell’alimentazione, dell’igiene, dell’abbigliamento, ecc.
- Possono riscontrarsi anche problemi di natura economica, che incidono non poco sulla possibilità del bambino/ragazzo straniero di partecipare alla vita sociale della classe (ridotta disponibilità a festeggiare compleanni o altri mementi di socializzazione).
- Trasversalmente a queste tipologie di “problemi” si inserisce lo scoglio linguistico: come entrare in relazione con l’alunno e favorire il suo apprendimento in un contesto linguistico che non conosce e/o gli è totalmente estraneo? Come comunicare con la sua famiglia stante la difficoltà di parlarsi? A volte è proprio il figlio in età scolare l’unico membro della famiglia che ha acquisito dimestichezza con la lingua italiana, e si trova a fare da interprete tra gli insegnanti e i genitori: come procedere, considerando che l’oggetto della comunicazione tra scuola e famiglia è il figlio stesso, il suo modo di stare a scuola, i bisogni che ne scaturiscono?
- Infine, un nucleo ulteriore di problematiche riguarda le situazioni in cui alla difficoltà dell’essere straniero si sommano problemi familiari e/o psicologici, oppure difficoltà scolastiche preesistenti. Come leggere gli eventuali segnali di trascuratezza che sconfina nel maltrattamento, di aggressività che sconfina nel bullismo, di deprivazione culturale che può essere anche psicologica? Come questa lettura può/deve tener conto dell’essere straniero? E fino a che punto?
Ultimo aggiornamento
20 Giugno 2011, 10:35